Intervista alla maestra Maria Grazia

Simone l'intervistatoreCom’è nata l’idea del progetto “Dal percorso alla mappa (e ritorno)“?

A me è sempre piaciuto programmare e penso che saperlo fare aiuti in molte altre cose, geografia compresa. Con il progetto dell’anno scorso, ho provato a utilizzare le attività di coding messe a disposizione sul web per rinforzare la capacità dei bambini di orientarsi nello spazio.

la maestra Maria Grazia l'intervistataCome ha selezionato i bambini?

Prima di tutto ho chiesto loro quanti fossero disponibili a fermarsi un paio d’ore in più il pomeriggio. In base alle disponibilità, ho creato un gruppo eterogeneo (cioè formato da bambini con caratteristiche diverse), proveniente da tutte e quattro le classi terze, in cui provare ad aiutarsi e a imparare insieme.

Oltre a Voki e a Google Maps quale altro software didattico ha usato?

Mindomo (per fare le mappe mentali online), Blogger (per creare un piccolo blog in cui conservare materiale e link utili), le attività e le aule virtuali di Code.org.

Nella nostra scuola lei è considerata un’esperta tecnologica. Come ha imparato così bene a usare il computer? E perché?

Quando avevo vent’anni, cercavo lavoro e risposi a un annuncio in cui si proponeva un corso di informatica per “operatori” e “programmatori” prima di essere assunti e così ho cominciato a insegnare agli adulti a utilizzare il PC. Quando sono diventata una maestra, ho cominciato a studiare per capire come utilizzare il PC in maniera interessante per i miei bambini… E così mi sono specializzata in Formazione A Distanza e ho cominciato a collaborare con una casa editrice digitale per capire come si fa a scrivere e a realizzare un libro di testo non di carta. La cosa che mi è servita di più è quella di essere diventata una blogger: creare un blog, imparare a comunicare con gli altri, capire come orientarsi in Internet, scoprire tutte le risorse che la Rete mette a disposizione è stato quello che mi ha aiutato di più.

Che tipo di difficoltà ha incontrato durante il progetto?

Inizialmente il gruppo doveva essere formato da non più di 15 alunni. Per cercare di accontentare il maggior numero di bambini possibile l’ho portato a 20 ma è stato molto faticoso per me che dovevo guidare il loro lavoro.

Come le ha superate?

Con l’entusiasmo e l’aiuto di un’altra maestra che mi ha affiancato nella conduzione dei gruppi.

Secondo lei il progetto ha migliorato le competenze dei bambini che vi hanno partecipato?

Sì. Tieni conto però che l’attività pomeridiana non era “separata” da quello che facevamo in classe la mattina e quindi questo ha aiutato tutti a imparare meglio.

Ritiene che si siano divertiti?

Sì. Me lo hanno detto sia loro sia i loro genitori che non li hanno mai visti uscire così contenti ed entusiasti.

Se lo potesse riproporre ad altre terze lo farebbe?

Sicuramente è un progetto valido anche per altre terze. Non so se riproporrei proprio lo stesso dato che mi piace fare cose sempre diverse.

E modificherebbe qualcosa?

Diminuirei il numero dei bambini.

Oggi qui si sta tenendo la sperimentazione del Progetto EDOC@WORK 3.0. Lei ritiene che la scuola italiana in generale e la nostra in particolare, sia attrezzata per questo tipo di progetto?

Il tipo di “attrezzature” che ci vogliono per progetti di questo tipo, sono diverse: ci vuole sicuramente una rete wireless “che non cada” se siamo connessi in tanti contemporaneamente, LIM o proiettori interattivi, dispositivi in numero adeguato. Tutto questo però non basta se non ci sono tempi e spazi adeguati, un numero di alunni non eccessivo e persone che hanno voglia di provare nuovi percorsi. Noi stiamo provando ad “attrezzarci” da tutti questi punti di vista anche se non è semplice.

Simone DeNicolo’

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